All’ultimo minuto è il contest di scrittura a tempo del Garfagnana in giallo. La prima edizione ha visto numerosi autori sfidarsi partendo dall’incipit di Alice Basso. In vista della premiazione del Garfagnana in Giallo 2022, che si terrà a metà luglio, pubblichiamo i racconti per la lettura e la valutazione da parte dei lettori e dei giurati. Il bando lo potete trovare qui www.garfagnanaingiallo.it Scadenza 15 giugno 2022
Il diavolo cambia casa.
Non era affatto una notte buia e tempestosa. Magari lo fosse stata. Una di quelle belle nottate di tormenta, in cui il vento ulula e la pioggia sferza i vetri, e qualsiasi impresa tu intraprenda si ammanta di dramma e di pathos.
Quanto gli sarebbe piaciuto, avere un po’ di supporto scenografico da parte di Madre Natura. Così, tanto per aiutare la motivazione, per rendere ancora più epico e memorabile ciò che lui era in procinto di fare.
Invece: niente. Aria ferma. Calma piatta. Nessun cenno di empatia da parte del cosmo.
Si rimboccò le maniche. Non importava che l’universo sembrasse imperturbato e indifferente: lui aveva da fare una cosa di capitale importanza. Una cosa che gli avrebbe cambiato la vita.
Implorò che Dio si manifestasse.
Ma anche Dio in quel momento aveva da fare una cosa di capitale importanza; o semplicemente, aveva altro da fare.
Così lui stette sul marciapiede, sotto il castagno che aveva già scaricato a terra tutti i ricci. Si chiese se a quell’ora già tutti dormivano, in quella cittadina termale dove gli alberghi avevano già le finestre sprangate da assi di legno, le insegne spente da anni, e i giardini pullulavano di chiodini già secchi, che sarebbero marciti nell’erba.
La campana suonò otto volte: erano solo le otto di sera.
«Non far passare un solo giorno senza pregare!» proferì una voce grassa.
Lui si voltò. La riconobbe subito: quella frase sul pregare gli era già stata pronunciata un’ora prima, davanti al bancone della guardiola dell’albergo dove lui aveva chiesto una camera; davanti alla foto dove, da una tribuna di cemento, undici guardiani chiedevano il conto.
Infatti, a quella frase il portiere dell’albergo aveva riso.
«Non far passare un solo giorno senza pregare! Ecco dov’eri finito!» ripeté la voce.
E lui non poté non andargli incontro. Nella strada vuota, il grasso Cappellano non avrebbe potuto vedere altri che lui; ed era soddisfatto. Si fregò le mani.
«Accompagnami!» godette il Cappellano. «Non mi hai ancora detto perché tu sei qui.»
Lui esitò. Avesse detto la verità…
* * *
«Sto andando a visitare un appartamento di cui mi hanno detto» iniziò tronfio il Cappellano. «Vieni, accompagnami», e lo spinse su una traversa, che aveva solo un lampione, e poi una discesa buia. «Devi sapere che io sono un uomo di fede, e di argomento. Io ho passato tutta la vita con i giovani come te, e la passerò ancora. Guarda questa facciata, ti pare forse che ci sia qualcosa fuori posto?», e il Cappellano indicò un palazzo di cemento, con tanti poggioli verniciati di fresco, e un faro a scarica attaccato al castagno di fronte.
«Eppure da qui mi hanno mandato via. Ora è una casa di riposo, qui la gente non sa più arrangiarsi, io non ci sto più. Ho parlato con la mia amica, la signora che dirige l’Azienda di Soggiorno. È una signora che conosce tutti, organizza mostre d’arte, e suo marito sa come spendere con ingegno. Viene da una famiglia il cui antenato era un uomo di fede e di scienza; pensa che ad inizio secolo aveva già trovato il vaccino contro il cancro, ma non glie lo hanno voluto far produrre. Dì, lo sai cosa ho chiesto di poter fare di qui in avanti?»
Il suo accompagnatore camminava curvo. Calpestò un riccio.
«Il Cappellano della nostra squadra di calcio. La squadra è di un imprenditore ricco, non fa nemmeno pagare per entrare alle partite, e quei ragazzi hanno bisogno di essere guidati.»
Una, due, tre volte, suonò ancora la campana.
Il misero accompagnatore si rintanò nell’ombra; già era sottratto al lampione.
Avesse detto la verità…
«Ecco l’appartamento! È questo, o quello più sotto?» esultò il Cappellano.
La strada già in discesa si biforcava. Metà per un attimo risaliva. L’altra metà crollava giù, nel buco della notte senza uscita.
L’accompagnatore provò a risalire; a prendere la via in cui aveva fede.
«Ma no» sbottò il Cappellano, «non può essere quella», e lo fece tornare indietro. «Non vedi che quella strada finisce in una casa?»
Così il Cappellano lo fece scendere giù ancora, giù, verso la macchia.
E lui non levò gli occhi, ascoltò le proprie scarpe in cui si conficcavano ricci e chiodini, e stette a pensare a tutto ciò che in quella giornata appena morta aveva visto: tutto, perché aveva visto la verità.
La campana suonò ancora: l’ultima, l’ultima volta. In tutto, dodici.
E la verità era: partito all’alba per seguire una squadra di calcio, ma non quella della cittadina termale che cercava un cappellano, bensì l’altra, quella che oggi nella cittadina era venuta a giocare la trasferta, e aveva perso; anzi, partito all’alba per non seguire nessuna squadra di calcio, ma per cercare il suo amico più caro, e trovarlo dall’alto del poggiolo su una tribuna di cemento, e salutarlo da lontano, e vederlo da lontano mentre subiva il rigore, mentre perdeva la partita, e pensare al suo amico che dopo la sconfitta lo aveva salutato e gli aveva sorriso, mentre un ricco imprenditore appendeva al muro un altro dei suoi trofei, la foto degli undici guardiani che in quella cittadina morta erano a casa loro.
«Oh, ecco l’appartamento!»
E il Cappellano entrò nello stabile, che aveva tutte le finestre sprangate, ma la soglia illuminata. Il suo accompagnatore restò fuori.
Restò fuori, come da una casa di riposo, mentre al di là del vetro una luce si accendeva, al bancone veniva una signora stanca, da un angolo rimbalzava la luce di una televisione, che colpiva l’ombra con una scarica diversa ogni volta che cambiava l’inquadratura, e il Cappellano parlava, parlava, parlava, e allungava le mani grasse sul tavolo.
«Sono un uomo di fede e di argomento…
«Il mio antenato era un uomo di fede e di scienza…
«Metteva le rane nella vasca da bagno per fulminarle col vaccino…
«La signora dirigeva da tanto tempo i giovani…
«Ma suo marito ha iniziato a spendere senza ingegno…
«Ma suo marito ha preso la strada che finisce giù, nella casa del peccato…
«Ma suo marito ha avuto dei problemi con l’omosessualità…
«A quanto le affittate le camere qui?»
«Non abbiamo camere qui», rispose la signora al bancone, e mandò via il Cappellano.
«Grazie» le disse l’accompagnatore del Cappellano.
* * *
Tornarono al primo degli alberghi; quello dove era stata pronunciata la fatidica parola: «non passi un solo giorno senza pregare».
«Vieni, tu sì che ti prego: portami su le valigie!» godette il Cappellano, mentre il suo accompagnatore svuotava il portabagagli della berlina piena di pacchi e di sacchi.
«Attento ai chiodi!», e da uno degli involucri caddero giù cornici di fotografie, astucci di matite colorate, caramelle e medaglie miracolose. «Uh, le medaglie miracolose! Dovrò pur darti qualcosa, tu sei così bravo…!», e il Cappellano gongolava. «Si vede proprio che hai fede… dì, con quel fisico che hai, non hai mai pensato di giocare a calcio?»
Così sulla ghiaia non finirono nemmeno il cappotto di pelle di cammello, né la borsa di icone sacre arrotolate a pergamena, né la sciarpa del Milan che il Cappellano aveva al collo.
«I ragazzi verranno a confessarsi da me, io per un po’ starò in quest’albergo, almeno per questa notte, che passi questa notte, tutte le cose mie me le porto via con me, e quella signora che guardava la televisione mi ha fatto un prezzo così onesto, che non posso dirle di no, domani mattina andrò a dirle di sì… Non passi una sola notte, senza che tu mi venga a trovare, ti aspetto, così vieni a confessarti, tu, tu! Sei il mio amico più caro…»
Il portiere era nella guardiola. Non dormiva.
Sullo schermo dello smartphone acceso nel buio, guardava la partita del Milan.
* * *
Anche quando il sole sorse sulla cittadina termale, la tempesta non era venuta.
Il giorno era limpido, l’aria non era più ferma, e del pathos a nessuno davvero importava.
Dio era tornato; e uno sgradito tifoso ospite, che non aveva nemmeno pagato per vedere la partita del giorno precedente, per fortuna dalla cittadina termale se n’era andato via.
Passi per la poca fede che c’è nel mondo; passi per aver dovuto accompagnare un vecchio prete disgustoso. Ma c’era una cosa che a quel tifoso non c’era stato verso di togliere: quando non la fede in Dio, almeno la fede nel suo amico calciatore.
Nessuna medaglia miracolosa aveva potuto cancellare lo scoramento per l’amico vero, che il giorno avanti aveva perso la partita; così, colui che aveva preteso di sedurre il tifoso a suon di caramelle, aveva avuto in cambio chiodi. Ci sono attaccanti, e difensori.
Nondimeno, ora quell’albergo godeva: infatti aveva un ospite nuovo. Gli era stata data come nuova casa la camera migliore, dove aveva potuto alloggiare tutti i suoi trofei, i cappotti di cammello, le rane, i suoi argomenti, e tutte le sue preghiere.
Infatti, se qualcuno si fosse mai più avvicinato alla guardiola per chiedere il conto, avrebbe notato che nella foto, così d’un tratto, i guardiani erano diventati dodici.
E il dodicesimo non era il portiere dell’albergo; gli undici avevano già il loro portiere.
Il dodicesimo era qualcuno che la sera con loro prima non c’era, ma durante quella notte era arrivato, aveva trovato casa, e lì sarebbe rimasto in perpetuo.
Il loro Cappellano.
Quanto al tifoso, quel giorno avrebbe finalmente fatto la cosa di capitale importanza che gli avrebbe per sempre cambiato la vita.
Avrebbe regalato al suo amico le castagne appena raccolte. Quando vengono arrostite, sono la cosa più buona che c’è.