All’ultimo minuto è il contest di scrittura a tempo del Garfagnana in giallo. La prima edizione ha visto numerosi autori sfidarsi partendo dall’incipit di Alice Basso. In vista della premiazione del Garfagnana in Giallo 2022, che si terrà a metà luglio, pubblichiamo i racconti per la lettura e la valutazione da parte dei lettori e dei giurati. Il bando lo potete trovare qui www.garfagnanaingiallo.it Scadenza 15 giugno 2022
Le cento tasche.
Non era affatto una notte buia e tempestosa. Magari lo fosse stata. Una di quelle belle nottate di tormenta, in cui il vento ulula e la pioggia sferza i vetri, e qualsiasi impresa tu intraprenda si ammanta di dramma e di pathos.
Quanto gli/le sarebbe piaciuto, avere un po’ di supporto scenografico da parte di Madre Natura. Così, tanto per aiutare la motivazione, per rendere ancora più epico e memorabile ciò che lui/lei era in procinto di fare.
Invece: niente. Aria ferma. Calma piatta. Nessun cenno di empatia da parte del cosmo.
Si rimboccò le maniche. Non importava che l’universo sembrasse imperturbato e indifferente: lui/lei aveva da fare una cosa di capitale importanza. Una cosa che gli/le avrebbe cambiato la vita.
Era eclettico di natura, Alberto Giunti, riusciva a fare tante cose insieme; oddio, non sempre gli riuscivano tutte allo stesso modo, ma almeno ci provava. L’importante per lui era avere una mentalità versatile, il resto “va da sé”. Era un archeologo, insegnava all’università oltre che dirigere campagne di scavi in Italia e all’estero. Non era sposato e viveva solo con Jim, un bassotto sempre sonnacchioso, e Morrison un gatto siamese ormai a fine carriera.
Cominciò a sentire caldo e a sudare. Lo stress quotidiano stava iniziando a dare i suoi frutti.
Si alzò di scatto dalla scrivania dopo aver spento il computer e capì che quello era il momento giusto per andare.
Del resto la mail parlava chiaro. Non più tardi delle 23.00, ed erano già le 22.15.
Andò verso il bagno, ma poi ci ripensò. Non poteva perdere tempo. Si guardò nello specchio appeso all’ingresso e i suoi occhi gli parvero di ghiaccio. Faccio quasi pausa, pensò. Gli venne in mente il film “Frankenstein Junior” e sorrise, pensando a Marty Feldman.
Si mise il giubbino dalle “cento tasche”, come lo chiamava Gisella la sua colf tuttofare, appeso all’ingresso, tolse le chiavi dalla toppa e le infilò in una tasca, aprì la porta e uscì.
Nel vialetto la sua Jeep lo aspettava per accompagnarlo al porto.
Avviò il motore e partì. In mente fece due calcoli per decidere quale strada percorrere per recuperare qualche minuto che sarebbe stato prezioso risparmiare in quella circostanza.
Janette lo aspettava al limitare della spiaggia accanto al molo. Gli avrebbe dato la pergamena che aveva trovato tra i libri di suo padre, il famoso archeologo Pierre Leroi. Era riposta in una busta con il suo indirizzo. L’aveva scritta poco prima di morire tra mesi prima. Non aveva fatto in tempo a spedirgliela perché qualcuno lo aveva strangolato prima. Per fortuna il suo assassino non era riuscito a impossessarsene, così Janette, dopo averla trovata rovistando tra i libri del defunto, lo aveva contattato dicendo che suo padre avrebbe voluto che l’avesse lui.
Si stava avvicinando al porto quando vide delle luci a intermittenza che illuminavano la notte. Capì che era successo qualcosa. C’erano posti di blocco e la polizia smistava i veicoli facendoli tornare indietro.
Alberto parcheggiò poco lontano e scese dalla Jeep. Si avvicinò a un poliziotto per chiedere informazioni e seppe che una studentessa italofrancese, che viveva nel pensionato studentesco, era stata uccisa, accoltellata, ma prima aveva cercato di strangolarla con la tracolla di una borsa, probabilmente di proprietà della vittima.
La scientifica aveva sbarrato tutte le strada d’accesso, la scena del crimine non poteva essere compromessa.
Tanti pensieri turbinarono nella sua mente. Sperava tanto che non fosse Janette la ragazza morta. Ma dalle informazioni che aveva raccolto un’atroce verità stava facendosi strada nella sua mente.
Era arrivato in ritardo. L’assassino lo aveva preceduto. Aveva sicuramente preso la pergamena.
Un mal di testa pungente aveva già messo in moto i mille spilli che abitavano in quel momento nel suo cervello.
Guardò il cellulare e aprì di nuovo la mail che Janette le aveva spedito poco prima. In allegato la foto della pergamena che lui cercava da anni.
Si disse che a volte la fantasia superava la realtà o come spesso avveniva era la realtà a superarla. Come in quel caso.
Caspiterina, pensò, e la pergamena? Come fare a recuperarla?
Si guardò le mani. Erano insanguinate.
- Ho le traveggole – si disse
Eppure non aveva bevuto. O almeno non la quantità che avrebbe giustificato quelle allucinazioni. Si allontanò dalla scena del delitto per paura che qualcuno potesse notare il sangue.
Girò l’isolato e si fermò in un angolo in penombra e solitario.
Cercò in una tasca e prese dei fazzoletti di carta per pulirsi le mani. Si strofinò ma il sangue non accennava a venire via, anche se i fazzoletti si coloravano di rosso.
Il suo telefono iniziò a squillare.
- Non è questo il momento – disse piano e a denti stretti.
Continuò a pulirsi le mani e a mettere in una delle tasche i fazzoletti sporchi, ma le mani continuavano ad essere sporche. Il sangue non voleva assolutamente venire via. Non sapeva cosa fare.
- Mi servirà dell’acqua. Ce n’è una bottiglietta nella macchina. È il caso di andare a prenderla – sentì la sua voce dire quelle parole, ma non era sicuro di essere stato lui a pronunciarle.
Restò basito. Non riusciva a capire cosa stesse succedendo.
Pensava che recuperare quella pergamena avrebbe dato una svolta alla sua vita e alla sua carriera e invece si era ritrovato in quella situazione paradossale, al limite del reale.
Si girò e rifece la strada a ritroso in modo circospetto per non rischiare di essere visto da qualcuno che potesse poi collegarlo all’omicidio.
Non era stato lui. Non aveva fatto nulla. Era appena uscito di casa. Janette lo aveva contattato. Lui neanche la conosceva. Cosa gli stava succedendo? Gli sembrava di essere il protagonista di un film giallo o meglio di un film dell’orrore. Intanto continuava a guardarsi le mani che erano sempre rosse di sangue.
- Di chi è questo sangue? Com’è arrivato sulle mie mani? – si chiedeva mentre il sudore gli imperlava la fronte e gli colava ai lati del viso insinuandosi tra i peli della barba.
Arrivò alla macchina e cercando di non far rumore la aprì. Guardò il volante e si rese conto che era pulito. Non c’erano macchie di sangue. Allora sì che cominciò a preoccuparsi.
La sua mente vacillava, non sapeva come collegare quel sangue alle sue mani.
Cercò di ricomporsi e di riflettere, quando i suoi occhi si accorsero che da una delle tante tasche del suo giubbotto fuoriusciva qualcosa.
Infilò la mano ed estrasse una busta da lettera.
L’aprì, da dentro estrasse una pergamena.
Quella pergamena!
Certo, la sua vita ora sarebbe cambiata. Ma per quale dei due motivi? Per aver finalmente in mano il famoso testamento scritto dal faraone o perché aveva ucciso, ma non ricordava assolutamente come e quando la giovane Janette?